O. Besomi et al.: Le imprese mariane della chiesa dell’Assunta di Locarno

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Titel
Le imprese mariane della chiesa dell’Assunta di Locarno.


Autor(en)
Besomi, Ottavio; Barelli, Stefano
Erschienen
Capriasca 2019: Edizioni Pagine d’Arte
Anzahl Seiten
173 p.
von
Vera Segre

La pubblicazione di Ottavio Besomi e Stefano Barelli, dedicata alla memoria degli amati maestri Giovanni Pozzi e Virgilio Gilardoni, richiama l’attenzione sull’affascinante tema della simbologia mariana legato al rapporto fra testo e immagine nell’arte sacra, quale si viene a creare in un genere figurativo del tutto particolare e assai trascurato: l’impresa. Pietre miliari nello studio di tali aspetti sono raccolte nel volume di Giovanni Pozzi Sull’orlo del visibile parlare (1993).

Nel corso del Medioevo la mariologia attribuisce a Maria la serie di metafore che compaiono ascritte alla Sapienza divina nell’Ecclesiastico (Sir 24, 17-23) e alla Sposa nel Cantico dei cantici e col passare dei secoli si arricchisce il catalogo delle metafore ritenute atte a descrivere le virtù della Vergine, fino ad arrivare alle compilazioni più corpose, come quella di Riccardo di San Lorenzo, nel XII libro del De laudibus beatæ Mariæ, che nel XIII secolo giunge ad enumerare 33 piante bibliche come atte ad ornare l’hortus conclusus, simbolo per eccellenza della verginità di Maria (Ct 4, 12), o il Mariale del francescano milanese Bernardino de’ Bustis, pubblicato per la prima volta nel 1492 e ristampato a molte riprese fino al 1607, che propone uno sviluppo del simbolismo mariano molto ricco, con esempi da ogni regno del creato, oltreché dalle opere umane. Questa letteratura teologica e didascalica forniva ampio materiale alla predicazione e durante il periodo della Controriforma anche agli artisti, che ribadivano i concetti di fede proponendo immagini conformi ai dettami del cardinal Paleotti contenuti nel Discorso intorno alle imagini sacre et profane (Bologna 1582) o anche nella forma specifica dell’impresa studiata da Besomi e Barelli.

Interessante fenomeno di intertestualità, l’impresa vive della relazione interdipendente fra un disegno e un motto, dove né il disegno né le parole da sole trasmettono l’intero messaggio, bensì concorrono a costruire un concetto non pronunciato esplicitamente, che per poter essere compreso richiede una conoscenza del contesto specifico – in questo caso la devozione mariana –, in quanto una caratteristica delle imprese è il loro aspetto enigmatico, un’oscurità che le rende intriganti.

Di qui l’impegno dedicato dagli autori alla decifrazione del corpus locarnese, che con le sue 28 imprese risulta essere il più ricco all’interno del territorio ticinese e grigionese, sul quale gli autori hanno operato anche un primo, molto utile censimento. Imprese mariane, in numero minore e spesso solo figurate, quindi prive (o private?) del motto di riferimento si trovano a Barbengo, Bironico, Bellinzona, Cavergno, Cevio, Gentilino, Intragna, Lugano nella chiesa di S. Maria degli Angeli, a Malvaglia, a Marolta frazione di Acquarossa, a Medeglia, Melano, a Mendrisio in S.Maria in Borgo, Moleno, Morbio Inferiore, Muldain, Orselina, Osogna, Quinto, Salorino, S. Maria in Calanca, Savognin e a Vogorno, come si evince dall’Appendice dedicata alla documentazione iconografica. Spesso tali imprese sono scarsamente visibili, nascoste nei sottarchi e negli intradossi delle volte, tanto da far sorgere la domanda negli autori di quale potesse esserne la fruizione dei fedeli.

L’esempio più eclatante e più ricco di questo genere in Svizzera si trova nella chiesetta di Hergiswald, vicino a Lucerna, il cui soffitto è invece interamente tappezzato di tavole lignee con 323 imprese dedicate a Maria regina e patrona di Lucerna, studiate e pubblicate da Dieter Bitterli (Der Bilderhimmel von Hergiswald, II edizione, Basilea 2018; si segnalano anche due siti dedicati all’argomento delle imprese da parte di Bitterli: www.emblemata. ch, con numerose illustrazioni e www. bilderhimmel-hergiswald.ch/).

L’analisi del complesso locarnese si arricchisce anche del contributo di Benedetta Foletti, specificamente dedicato agli aspetti linguistici del latino delle imprese. Infatti, sia l’imperfetta conservazione delle scritte, sia le loro numerose anomalie ortografiche, grammaticali e sintattiche vengono passate alla lente, per concludere che probabilmente, oltre a trattarsi di un latino molto tardo, largamente influenzato dal volgare, il pittore incaricato di eseguire gli affreschi non era in grado di comprendere le frasi latine, frutto dell’erudizione di chi ideò il programma iconografico, e quindi può essere ritenuto responsabile di alcuni fraintendimenti.

Le singole imprese, oltreché riprodotte a colori, vengono analizzate dagli autori proprio nel nodo cruciale del rapporto fra testo e immagine. Le immagini sono molto variate: alcune appartengono a un repertorio assai consolidato nell’ambito delle similitudini mariane, quale la Scala fra terra e cielo, la Fontana, l’Aurora, la Stella, la Luna, il Roveto ardente, mentre altre sono più rare e più complesse da decifrare, come il Girasole, unica specie botanica del mondo nuovo entrata a far parte delle piante associate a Maria, per la sua caratteristica di seguire il sole, la luce divina, che lo assimilava al più antico e illustre esempio dell’eliotropio. Un’altra immagine piuttosto rara in ambito mariano è la Nube portatrice di pioggia, che nutre e disseta il terreno. Sfortunatamente ben tre immagini dedicate ad altrettante specie arboree non risultano leggibili e pertanto non hanno potuto essere identificate.

I testi invece presentano un alto grado di originalità e appaiono frutto di una rielaborazione personale da parte dell’ideatore del ciclo. La loro analisi viene proposta attraverso lo scandaglio di un’ampia gamma di testi sacri ed esegetici. In numerosi casi il concetto di fede cui alludono trova riscontro nelle litanie, in particolare le litaniæ novæ, stampate a Venezia nel 1575 e in uso nella prima metà del Seicento, particolarmente care ai predicatori cappuccini. È proprio fra i predicatori cappuccini, che negli stessi anni avevano promosso l’edificazione del Sacro Monte di Varese, dedicato ai Misteri del Rosario, che gli autori del saggio, poggiando la loro ipotesi su presenze documentate, pensano possa esser collocato l’ideatore delle imprese mariane locarnesi, dove si intrecciano riferimenti diretti, assai colti, alle fonti bibliche, ma anche a testi della teologia mariana medievale, nonché ad elaborazioni teologiche complesse, che trovano riscontri nelle raccolte enciclopediche di imprese sacre, che venivano compilate proprio negli anni della Controriforma, in particolare l’opera in sei volumi di monsignor Paolo Aresi (Imprese sacre, Milano 1621 e Tortona 1630-1635).

L’indagine di Besomi e Barelli offre infine al lettore, oltre a un’appendice di documentazione iconografica, il testo delle litanie lauretane (antiquæ e novæ), nonché i materiali documentari attualmente reperibili, relativi alla committenza della chiesa dell’Assunta di Locarno e dei restauri succedutisi.

Zitierweise:
Segre, Vera: Rezension zu: Besomi, Ottavio; Barelli, Stefano: Le imprese mariane della chiesa dell’Assunta di Locarno, Capriasca 2019. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, 2019, Vol. 166, pagine 170-172.

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Archivio Storico Ticinese, 2019, Vol. 166, pagine 170-172.

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